Su e giù per Livorno, TAPPA 11. Teatro degli Avvalorati – Lapide ad Angelica Bartolommei-Palli

Sul terreno ov’erano i Magazzini delle Mummie – nei quali si tenevano in deposito e si commerciavano le mummie! – si mise mano l’11 di marzo del 1780, per le cure solerti di Pietro di Gaetano Bicchierai, alla costruzione del magnifico teatro detto degli Armeni, (…) e che otto anni più tardi comprava l’Accademia degli Avvalorati, che gli pose il suo nome.

In questa nuova tappa del nostro itinerario cercheremo di far rivivere due edifici che purtroppo oggi non esistono più, ancora a seguito dei danni inferti dal secondo conflitto mondiale. Il primo è il Teatro degli Avvalorati, che sorgeva su quello che oggi è l’omonimo Viale, mentre l’altro è Palazzo Bartolommei, che, sugli Scali del Pesce, durante la sua esistenza fu caratterizzato dalla permanenza di alcuni personaggi illustri livornesi.

Teatro degli Avvalorati

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La pianta del teatro. Fonte: GARBERO ZORZI, ZANGHERI (1999-2000).

Inizialmente detto “Teatro degli Armeni” per la vicinanza alla Chiesa omonima, il teatro fu inaugurato nell’aprile del 1782 con l’Adriano in Siria di Pietro Metastasio. Dopo una serie di stagioni prospere, l’edificio fu ceduto nel 1790 dall’imprenditore Pietro Gaetano Bicchierai all’Accademia degli Avvalorati, che diede il proprio nome al teatro; successivamente esso ottenne anche la protezione granducale, diventando “Imperiale e Regio Teatro degli Avvalorati”.

La facciata dell’edificio era articolata su tre livelli: il piano terra con i tre ingressi principali, la balaustra con le tre grandi aperture e l’ultimo piano finestrato. La pianta era a ferro di cavallo con cinque ordini di palchi (per un totale di 126 palchi) e la platea lunga 18 m e larga 15. Negli anni l’interno subì diverse modifiche nell’apparato decorativo, specialmente quello pittorico: nel 1806 la ridipintura della sala fu commissionata a Giuseppe Maria Terreni e Antonio Niccolini, mentre nel 1820 lo stesso tipo di lavoro (sembra che l’Accademia non fosse stata soddisfatta dell’opera precedente) fu affidato a Giovanni Bonsignori, che dipinse un nuovo sipario e realizzò le pitture del soffitto; ulteriori lavori di restauro dei decori interni furono avviati nel 1846.

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Il Teatro degli Avvalorati in un’immagine d’epoca. Fonte: La Vecchia Livorno.

Nella seconda metà dell’Ottocento il Teatro degli Avvalorati fu colpito da un progressivo decadimento: le rappresentazioni – di peggiore qualità rispetto a prima – erano sempre più rare, motivo per cui nel 1864 l’Accademia prese la decisione di avviare ingenti lavori di ristrutturazione della sala, nel tentativo di risollevarne le sorti; fu rinnovata la sala da ballo accademica e la pavimentazione dell’ingresso, il boccascena fu completamente ricostruito e fu potenziata l’illuminazione a gas. Dopo questi lavori dispendiosi l’Accademia si trovò in grosse difficoltà economiche; tale situazione negli anni non fece che peggiorare, per cui nel 1881 gli accademici si videro costretti a mettere in vendita il teatro. Quest’ultimo fu acquistato da un gruppo di privati (che si costituirono in Accademia come “Nuovi Avvalorati“) e conobbe alterne vicende fino al 1902, quando venne chiuso e abbandonato. Nel 1919, grazie al nuovo proprietario Cesare Girardo Watry, il teatro subì nuovi lavori di ristrutturazione (diretti dall’architetto Torello Macchia) in vista della riapertura l’anno successivo: il quarto e il quinto ordine di palchi furono sostituiti da un’ampia galleria, fu ampliato il palcoscenico, installato un nuovo sistema di riscaldamento e furono rinnovati i servizi igienici. Successivamente, per diverso tempo il teatro fu adibito a cinematografo, finché durante il periodo bellico non fu gravemente danneggiato; nel dopoguerra la struttura superstite dei palchi, probabilmente ancora recuperabile, fu demolita del tutto per lasciare spazio a nuove soluzioni urbanistiche.

Lapide ad Angelica Bartolommei-Palli

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Panoramica degli Scali del Pesce oggi.

Attraversando il ponte di San Giovanni Nepomuceno proseguiamo lungo Via della Madonna, per girare dopo poco a sinistra, lungo gli Scali del Pesce. Era qui che fino agli anni Cinquanta sorgeva il Palazzo Bartolommei, poi demolito (a seguito dei danni subiti durante la guerra) e sostituito da edifici moderni.

Costruito nel Diciottesimo secolo, negli anni l’edificio fu sede dell’Amministrazione Giudiziaria, ma soprattutto dimora della letterata Angelica Palli (1798-1875) e di suo marito, il patriota Giovanpaolo Bartolommei (1810-1854). In proposito la nostra guida cita un’epigrafe che era presente sulla facciata del Palazzo a ricordo dell’illustre cittadina livornese, “donna di rare virtù civili e domestiche, prosatrice elegante, poetessa gentile, improvvisatrice cultissima, di facile vena”. Per informazioni più dettagliate riguardo all’edificio e ai personaggi illustri che ospitò, invitiamo alla lettura del nostro precedente approfondimento in merito.

Per approfondire

BERNIERI Anna MariaAngelica Palli Bartolommei l’amore e il mare, Livorno, Manidistrega Editrice, 2011.
CIORLI RiccardoLivorno. Storia di Ville e Palazzi, Ospedaletto, Pacini, 1994.
DEL LUCCHESE Aldo
Stradario storico della Città e del Comune di Livorno, Livorno, Belforte, 1973.
FERRERO FrancescoLe epigrafi scomparse, in “Rivista di Livorno”, anno 3 n. 1, gennaio-febbraio 1953.
FERRERO Francesco, L’Indipendenza e l’Unità d’Italia in cento epigrafi e monumenti livornesi, Livorno, Benvenuti e Cavaciocchi, 1960.
GARBERO ZORZI Elvira e ZANGHERI Luigi, a cura di, I teatri storici della Toscana. Censimento documentario e architettonico, Firenze, Giunta Regionale Toscana, 1999-2000.
MARCHI VittorioGuida storica ed artistica di Livorno e dintorni in 17 itinerari, Livorno, Ente Provinciale per il turismo, 1981.
MATTEONI DarioLivorno, la costruzione di un’immagine. I palazzi di città, Livorno, Cassa di Risparmi di Livorno, 1999.

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